Il Brasile in guerra. E’ uscito il saggio sulla Força Expedicionaria Brasileira (FEB) di Andrea Giannasi

Il Brasile in guerra di Andrea Giannasi

Il Brasile in guerra di Andrea Giannasi

Il Brasile in guerra. La partecipazione della Força Expedicionaria alla Campagna d’Italia 1944-1945 di Andrea Giannasi (Carocci 2014).
La partecipazione del Brasile alla Seconda guerra mondiale appartiene alla sezione della memoria storica rimossa. Eppure nell’estate del 1944 giunsero in Italia, sul fronte della Linea Gotica, 25.000 soldati che formarono la Forza di Spedizione Brasiliana conosciuta come Feb (Força Expedicionária Brasileira).
Dopo innumerevoli difficoltà di preparazione – l’esercito del paese sudamericano seguiva tecnica e tattica legate alla scuola di guerra francese – i brasiliani entrarono in linea di combattimento nella zona di Vecchiano a Pisa alla fine del mese di agosto del 1944. Dopo aver liberato Massarosa e Camaiore, e aver tenuto un buon comportamento nella fase di inseguimento delle truppe naziste in ritirata, i soldati al comando del maresciallo Mascarenhas de Moraes furono spostati in Valle del Serchio. Qui, dopo aver superato Borgo a Mozzano, liberarono Barga e Gallicano trovando per la prima volta le rigide posizioni della linea tedesca. Spostati nel settore centrale degli Appennini subirono la dura sconfitta di Monte Castello, che superarono solo a febbraio, quando il corpo di spedizione, dopo aver ricevuto un adeguato e completo addestramento, riuscì ad avanzare catturando più di ventimila prigionieri a Fornovo.
Andrea Giannasi, editore e giornalista, è direttore scientifico del Museo storico della Liberazione di Lucca, si occupa di storia militare con studi specifici sulla formazione dei contingenti. Ha pubblicato studi sui Nisei del 442° reggimento usa e sulla 92° divisione “Buffalo”; tra le sue pubblicazioni L’eccidio Tellini. Da Gianina all’occupazione di Corfù (Roma 2007); La passione per il volo. Storia di un aliantista d’assalto (Casabianca 1941-Bergamo 1945) (Lucca 2012).

I fanti della FEB nel Museo della Liberazione di Lucca

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Nel Museo della Liberazione di Lucca ricostruzione nella sala dedicata agli Alleati di due fanti della Buffalo e due della FEB.

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Documenti della FEB in Italia nel 1944

Pubblichiamo alcuni documenti provenienti dall’Archivio dello storico Andrea Giannasi. Si tratta di alcuni ordini (due scritti a mano) sul fronte della Valle del Serchio. Interessante quello inviato a Pippo dove si sollecita l’invio di pattuglie per la perlustrazione.

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La Força Expedicionaria Brasileira (FEB) in Italia durante la Seconda guerra mondiale

FEBLa storia della FEB (Força Expedicionaria Brasileira)

Raccontare questa storia, ai più sconosciuta, significa narrare le vicende di un paese e di un popolo che hanno intrecciato sogni di libertà e di emancipazione con altri popoli incontrati sui campi di battaglia della seconda guerra mondiale.
I brasiliani, i Nisei, gli afroamericani della Buffalo avevano in comune proprio questo. Liberarsi da antichi vincoli che ancora oggi ritroviamo.
Questa della FEB è dunque non solo storia accadurta 70 anni fa, ma storia attuale che viviamo ogni giorno. Per questo va raccontata e mai dimenticata.

In questo sito troverete i capitoli che raccontano l’ingresso del Brasile in guerra. Di seguito l’estratto dall’arrivo della FEB in Italia e la guerra.
La ricerca – unica in Italia per completezza – è curata dallo storico Andrea Giannasi, direttore scientifico del Museo della liberazione di Lucca.
www.museodellaliberazionelucca.it/

FEB

LA STORIA MILITARE
Il primo contingente della Força Expedicionaria Brasileira partì per l’Europa alle 06.30 di domenica 2 luglio 1944. Il General Mann salpò l’ancora con 5.075 uomini a bordo dei quali 304 ufficiali, scortato dai cacciatorpediniere brasiliani Marcilio Dias e Mariz e Barros, e dallo statunitense Greenhalgh.
Al 1° convoglio ne seguirono altri 3. Il secondo convoglio salpò da Rio de Janeiro il 22 settembre trasportando il 1° e 3° Gruppo Tattico per complessivi 10.304 uomini dei quali 653 ufficiali. I trasporti truppe utilizzati furono nuovamente il General Mann (sotto il comando del Generale Cordeiro De Farias) e il General Meigs (sotto il comando del generale Olimpio Falconieri Da Cunha) e la scorta fu costituita dall’incrociatore brasiliano Rio Grande do Sul, dall’incrociatore statunitense Memphis e dai cacciatorpediniere americani Trumpter e Cannon. Dopo aver raggiunto Gibilterra al convoglio si aggiunsero navi da guerra britanniche. Tutte le unità raggiunsero poi il porto di Napoli il 6 ottobre.
Il terzo convoglio partì invece da Rio il 25 novembre con il trasporto truppe USS General Meigs (sotto il comando del colonnello Mario Travassos) con un totale di 4.682 uomini di cui 277 ufficiali. Il General Meigs fu scortato dall’incrociatore americano Omaha, dall’incrociatore brasiliano Rio Grande do Sul e dal cacciatorpediniere brasiliano Marcilio Dias. Giunti nel nordest del Brasile in prossimità della base di Belem, le navi scorta brasiliane furono sostituite dall’incrociatore Bahia e dal cacciatorpediniere Mariz e Barros. Tale convoglio, nuovamente rinforzato a Gibilterra da unità della marina britannica, giunse a Napoli il 7 dicembre.
Infine il 9 febbraio 1945 fu imbarcato sul trasporto dell’USS General Meigs (comandato dal tenente colonnello Ibà Jobim Meirelles) l’ultimo contingente della FEB, composto da 5.082 uomini di cui 247 ufficiali. Scortato dai cacciatorpediniere brasiliani Mariz e Barros e americano Greenhalgh e dall’incrociatore statunitense Marblehead, giunse a Napoli il 22 febbraio77.
Pertanto furono inviati in Italia 25.334 uomini dei quali, è importante ricordare, 111 raggiunsero l’Italia con gli aerei della FAB. Il trasporto aereo, che seguì la rotta Rio-Natal-Dakar-Napoli, fu necessario per la presenza di 67 infermiere che potevano, in nave, creare alcuni problemi di ordine e disciplina.

La FEB (Forza di Spedizione Brasiliana) in Italia fu aggregata al IV Corpo d’Armata (del generale Willys Crittenberger) della 5ª Armata (del generale Mark Clark). La 5ª e l’8ª facevano parte del XV Gruppo d’Armate comandato dal maresciallo Alexander.
Il primo scaglione delle truppe brasiliane sbarcò il 16 luglio nel porto di Napoli e fu subito trasferito con autocarri in una vicina area destinata alla prima fase dell’addestramento. In realtà, nei piani alleati, il punto d’arrivo della FEB avrebbe dovuto essere l’Africa, dove già esistevano campi di addestramento utilizzati dalle truppe inglesi e americane; il mutare della situazione militare fece cambiare i piani e quando i sudamericani sbarcarono in Italia nel campo base loro destinato non trovarono altro che alberi da frutta.
Oltre a mancare la dotazione del campo non giunse neppure l’armamento così come l’equipaggiamento. Non rimase che riproporre nuovamente un programma di addestramento fisico. A rallentare la preparazione anche un lungo litigio tra i comandi. Gli americani infatti inviarono 5.000 fucili “Springfield” M-1903, ma il comandante della FEB, Mascarenhas de Moraes, avendo capito che le sue truppe avrebbero ricevuto dagli americani i nuovi fucili semiautomatici “Garand” M-1 rifiutò i M-1903 ormai superati. Trascorsero così altre due settimane di paralisi.
Lentamente poi ogni reparto iniziò a ricevere il necessario per iniziare l’addestramento, ma prima ancora di preparare un buon programma il contingente fu trasferito a Tarquinia dove gli istruttori statunitensi, affrontando anche il problema della differenza di lingua, iniziarono il lavoro.

Il 18 agosto cominciò un nuovo trasferimento nei pressi di Vada (Livorno) e l’indomani arrivò, proveniente dalla 5ª Armata, il reparto istruttori: ufficiali e uomini di truppa di divisioni americane sperimentate in combattimento. Per completare con le prove sul campo il periodo stabilito di 3 settimane. Troppo poco, come vedremo per dire di aver formato sufficientemente il contingente.
Il giorno successivo all’arrivo dei brasiliani a Vada, 19 agosto, la FEB ricevette la visita del Primo ministro inglese Winston Churchill.
Durante i giorni di Vada si procedette a formare anche il corpo autisti del Corpo di Spedizione, che mancava totalmente di esperienza di guida. Così per tutto il periodo di guerra si ebbero incidenti di ogni tipo, e perdite di mezzi per banali uscite di strada (anche lontano dalla linea del fronte). E alla fine della guerra su un totale di 457 caduti della FEB furono ben 24 i morti per incidente d’auto (7 per incidenti da arma da fuoco, 4 per annegamento, 3 per omicidio, 1 per suicidio).
Finalmente poi a fine agosto dalla P.B.S. (Peninsular Base Section) giunsero a Vada i camion carichi di materiali: fucili, mitragliatrici, radio, elmetti, uniformi, borracce, ecc. A quel punto molti credettero di aver preparato i brasiliani alla guerra ma già dai primi giorni di settembre apparvero subito evidenti le carenze nell’addestramento della FEB. La 5ª armata aveva però bisogno di uomini per l’operazione Olive e il 9 settembre fu deciso di sostituire gli elementi della 1ª Divisione corazzata USA del generale Vernon Prichard con la FEB. Il I gruppo d’artiglieria della FEB, al comando del colonnello Da Camino, avrebbe sostituito il 434° battaglione statunitense. I brasiliani avrebbero preso contatto con i tedeschi dopo Vecchiano (Pisa) risalendo poi le coste delle Alpi Apuane in direzione di Massarosa e Camaiore.
I primi reparti brasiliani furono inseriti nella 45ª Task Force americana che era una formazione assai eterogenea, composta da americani bianchi (598° battaglione di artiglieria da campo USA), americani di origine giapponese (il 100° battaglione fanteria nippo-americano del 442° gruppo da combattimento), americani neri (370° reggimento di fanteria della 92ª Divisione USA “Buffalo”), britannici (un reparto di contraerea) e i brasiliani del 6° R.I.

Il 18 settembre il primo plotone della 1ª compagnia del genio, al comando del tenente Paulo Nunes Leal, raggiunse la cittadina di Camaiore e fu accolto dalla formazione partigiana “Garosi”. Il rapporto con i partigiani italiani fu prezioso per i sudamericani durante tutto il periodo bellico. Questi ricercarono la collaborazione degli italiani e spesso li usarono per le pattuglie o sortite ma dopo la guerra la memorialista lentamente ha cercato di seppellire questa vicenda.
Aggregato alla FEB si trovava come ufficiale di collegamento il colonnello N.S. Mathewson, che ha lasciato una importante “Storia operativa della 1° B.E.F. (Brazilian Expedicionary Force)” nella quale viene tracciata – tra luci e ombre – la vicenda della FEB in Italia.
In quei giorni si registrò anche la prima vittima brasiliana. Il caduto apparteneva alla 9ª compagnia del II/6° ed era soprannominato Mussolini per la sua somiglianza con il dittatore italiano. Morì ucciso nottetempo dalla sventagliata di una mitragliatrice manovrata troppo precipitosamente da un suo compagno. Si chiamava Antenor Chirlanda ed era originario di San Paolo.
Nel frattempo le unità brasiliane proseguivano nella loro progressione raggiungendo le pendici versiliesi delle Apuane sotto il Monte Prana. Il 28 settembre l’unità brasiliana ricevette l’ordine di spostarsi nel settore della Valle del Serchio con il compito di raggiungere Castelnuovo di Garfagnana. Durante la notte tra il 29 ed il 30 settembre gli uomini del magg. Nobrega (III/6°) raggiunsero la zona di Pescaglia-Borgo a Mozzano e sostituirono gli effettivi di colore del III/370° (92ª divisione USA). Dopo alcuni giorni di spostamenti finalmente il 2 ottobre, sotto una pioggia che cadeva da oltre 24 ore, il distaccamento brasiliano concluse il suo nuovo schieramento, sistemando il I/6° e il III/6° lungo la Valle del Serchio e il II/6° in copertura nella zona montagnosa ad occidente del fiume.

I tedeschi in quel settore avevano già raggiunto e armato una linea di difesa che lasceranno sono nell’aprile del 1945 e per alcuni giorni si creò tra Borgo a Mozzano e Castelnuovo di Garfagnana una fascia terra di nessuno all’interno della quale solo i partigiani scesi dalle montagne avevano un parziale controllo. Il comando brasiliano infatti fermò ogni tipo di azione rimanendo immobile sulle posizioni di partenza. Il caso più eclatante si compì a Barga – a pochi chilometri da Borgo a Mozzano – che fu abbandonata dai tedeschi il 4 ottobre e raggiunta dai brasiliani solo sette giorni dopo. Nel settore avversario dal 19 ottobre, era giunta in Garfagnana la divisione alpina “Monterosa” della Repubblica Sociale Italiana. L’unità al comando del gen. Mario Carloni, era rinforzata dal II battaglione del 6° reggimento della divisione di fanteria di Marina “San Marco” (meglio conosciuto come battaglione “Uccelli” dal nome del suo comandante) e dal 285° reggimento della 148ª divisione tedesca.
Il 21 ottobre i brasiliani avanzarono nel settore dell’Aosta che da poche ore si trovava in prima linea riuscendo a superare la linea. Ma il successo – seppur parziale – non venne colto e unità tedesche della 232ª divisione tedesca e le riserve dell’Aosta e del battaglione Brescia in poche ore ristabilirono la difesa passando al contrattacco.
Il fronte poi si arrestò e la FEB ricevette l’ordine di spostarsi nella zona di Porretta Terme.
In questa prima fase si ebbero 13 morti, 151 feriti ed infortunati e 29 dispersi.
Dopo il brusco fallimento dell’Operazione “Olive”, che avrebbe dovuto portare allo sfondamento del fronte italiano, nuovi scenari andavano maturando in seno ai comandi militari angloamericani e ben presto la posizione dei brasiliani come combattenti alleati cambiò radicalmente. Il gen. Clark alla Conferenza della Futa il 31 ottobre 1944 decise di gettare nella mischia nuove unità: la 1ª DIE e la 92ª Divisione USA, sostituendo la 88ª Divisione USA del magg. gen. Kendall, che aveva sostenuto l’attacco e che da 2 mesi viveva in prima linea.
Fu così che nei primi giorni di novembre il generale Mascarenhas de Moraes trasferì il comando generale della FEB dalla base di Pisa a quella di Pistoia, mentre il P.C. (Posto Comando) Avanzato fu spostato dal piccolo centro della Valle del Serchio, Borgo a Mozzano, a Porretta Terme.

Il 5 novembre tutte le unità della FEB si erano schierate nel nuovo settore e al termine degli spostamenti il nuovo dispositivo del IV Corpo d’Armata si presentava eterogeneo: a sinistra della valle del Reno si trovava la 6ª Divisione Blindata sudafricana del magg. gen. Poole, al centro la FEB del gen. Mascarenhas e a destra della valle del Reno si trovava la 45ª Task Force del gen. Rutledge, rinforzata dalla 1ª Divisione Blindata USA. I tedeschi difendevano il settore centrale con il XIV Corpo Panzer, composto da 5 divisioni, che dipendeva dalla 10ª Armata. Nel settore specifico difeso dai brasiliani si trovava la 232ª Divisione di fanteria del gen. Eckard von Gablenz.
Il nuovo fronte si presentò come un settore maggiormente impegnativo, rispetto al terreno della valle del Serchio e alla veloce azione svolta dai brasiliani durante i primi giorni di guerra in settembre. L’artiglieria germanica, da posizioni dominanti, era in grado di battere la zona occupata dalle truppe brasiliane con precisione e continuità e l’attività delle pattuglie era sempre vivace.
Gli uomini della FEB rimasero fino al 15 novembre praticamente inattivi per gli inconsistenti attacchi del nemico, poi il 16 la 2ª e la 3ª compagnia del 6° reggimento occuparono quota 670, meglio conosciuta come Torre di Nerone.
Si trattava di un’azione legata all’operazione denominata “Preliminary” che doveva portare alla conquista di Monte Castello, un’impervia collina alta 887 metri posta tra la congiunzione della divisione brasiliana e la Task Force.
La presa di Monte Castello avrebbe permesso alle unità alleate di poter sferrare un attacco al Monte Belvedere – quota 1200 – che rappresentava la chiave dell’intero settore. Fu così che nella notte tra il 28 ed il 29 novembre il I/1° (magg. Uzeda), il III/11° (magg.Candido) e il III/6° (magg. Nobrega) con l’appoggio dell’artiglieria, sotto il diretto comando del gen. Cordeiro de Faria, iniziarono la manovra verso l’obiettivo. Fin dalle prime ore però fu chiaro che l’intento sarebbe fallito. Le unità giunsero al contatto con i tedeschi in maniera disgregata e in poche ore persero 190 tra morti, feriti e dispersi. Fu un vero disastro tecnico e tattico e mentre i comandanti sudamericani cercavano di studiare un’operazione d’attacco che potesse garantire una pronta rivincita, i tedeschi operarono tra il 30 novembre e il 2 dicembre profonde penetrazioni nelle linee brasiliane. Le unità sudamericane che avevano attaccato il 29 novembre avevano il morale molto basso per le alte perdite subite furono rimpiazzate da reparti freschi tra il primo ed il 3 dicembre. Ma era chiaro che la FEB non era pronta alla guerra. In questa fase il col. Mathewson, parlò nel suo diario di “situazione critica” per il Corpo di Spedizione brasiliano che nel mese di novembre aveva perso ben 340 uomini (48 morti, 289 feriti e 3 dispersi). Solo a partire dal 5 dicembre la linea difensiva fu pienamente ristabilita e tornò ad una certa normalità.
Ma lo smacco di Monte Castello bruciava e il 12 dicembre i brasiliani tornarono all’attacco della collina.

Per la seconda azione brasiliana contro Monte Castello fu affidato il comando delle operazioni al gen. Zenobio da Costa, il “conquistatore” di Camaiore. Il piano prevedeva l’avanzata coordinata del II/1° e del III/1°, in direzione di Casa Guanella e Quota 887, mentre un distaccamento misto di uomini del 6° reggimento al comando del col. Nelson de Mello avrebbe creato una azione diversiva sul fianco destro. Per l’occasione tutti i gruppi d’artiglieria furono preparati e rinforzati dai pezzi del 68° battaglione da campo USA.
L’ora X era stata stabilita alle 06.00 della mattina del 12 dicembre, ma le pesanti condizioni del terreno aggravarono notevolmente il compito degli attaccanti, e ben presto il II/1° del magg. Syseno non poté mantenere i tempi di marcia, mentre il III/1° del magg. Franklin avanzò sotto un fitto fuoco di mitragliatrici e, constatata l’impossibilità di procedere, ripiegò, lasciando senza copertura il II/1° e nei duri scontri successivi la 7ª e la 9ª compagnia subirono ingenti perdite.
Nel tardo pomeriggio il gen. Zenobio da Costa ordinò un ripiegamento generale sulle posizioni di partenza.
I brasiliani subirono 250 perdite (tra questi ben 49 morti) e l’ordine perentorio da parte degli americani di rinforzare le posizioni e lasciar passare l’inverno. E le polemiche e i litigi aumentarono tra statunitensi, sudamericani e in seno ai comandi stessi del corpo di spedizione. Lo stesso Vargas richiamò in patria il capo di stato maggiore De Lima Brayner, mentre la stampa diffondeva notizie sulla disfatta.
Gennaio 1945 fu dunque il mese della completa riorganizzazione militare e psicologica dei reparti della FEB.
L’arrivo poi nel settore della 10ª divisione USA rappresentò per i brasiliani la possibilità di un futuro riscatto dalla sconfitta di Monte Castello, essendo questa una grande unità specializzata nei terreni di montagna.

L’8 febbraio a Lucca il generale Crittenberger presentò l’operzione “Encore” che prevedeva lo sfondamento della Linea Gotica nel settore del IV Corpo d’armata, dove la linea era chiamata “Gengis Khan”. Monte Belvedere rimaneva la quota più importante del settore con Monte Castello a fare da cerniera sul punto cardine. Il 19 febbraio fu sferrato l’attacco che – seppur tra mille difficoltà – condusse i brasiliani a conquistare la vetta. Non mancarono le polemiche perché per dimostrare di aver raggiunto la piena maturità militare i comandi della FEB avevano preteso di prendere da soli Monte Castello. Certo che l’avanzata americana aveva giocato un ruolo fondamentale nello scardinamento della linea difensiva. In Brasile la conquista venne festeggiata e ancora oggi rappresenta un vanto militare di tutto rispetto.
Raggiunti gli obiettivi prefissati, l’azione offensiva delle unità del IV Corpo d’armata del gen. Crittenberger si fermò. Monte Belvedere e Monte Castello furono occupati e difesi dai contrattacchi tedeschi, che per alcuni giorni cercarono di riconquistare le posizioni perse.
Il 4 marzo i brasiliani occuparono l’abitato di Castelnuovo dopo sanguinosi scontri e tra questi un combattimento all’arma bianca che vide soccombere i sudamericani con piccole e veloci unità tedesche.
Nel mese di marzo gli alti comandi alleati studiarono un nuovo piano d’attacco per scardinare definitivamente le linee tedesche. Nella nuova strategia Alexander e Clark accantonarono l’ipotesi di raggiungere Bologna e concertarono con il comandante dell’8ª Armata, gen. McCreery, l’apertura di un varco lungo la strada di Argenta. Le istruzioni prevedevano un primo attacco dell’8ª Armata e, il giorno 14, la spallata degli americani della 5ª Armata.

Lo schieramento alleato del XV Gruppo d’Armate al comando del gen. Clark era composto da 20 divisioni e 10 brigate così disposte sulla linea: il settore occidentale tirrenico era stato affidato ai neri della 92ª divisione di fanteria “Buffalo” (sotto il diretto controllo del comando della 5ª Armata); tra la valle del Serchio e la statale 64 furono disposte la 1ª divisione brasiliana, la 10ª divisione da montagna USA e la 1ª divisione corazzata USA (tutte unità del IV Corpo d’Armata del gen. Crittenberger). Al centro dello scacchiere trovarono posto la 6ª divisione corazzata sudafricana, la 88ª, 91ª, 34ª, e 85ª divisioni di fanteria USA (del II Corpo d’Armata del gen. Keyes). Nel settore orientale difeso dalle unità dell’8ª Armata del gen. McCreery si trovavano: al centro, in corrispondenza del fiume Santerno, la 1ª divisione di fanteria britannica, la 6ª divisione corazzata britannica, la 8ª divisione indiana e la 1ª divisione corazzata canadese (tutte unità del XIII Corpo d’Armata del gen. Kirkman). In prossimità di Imola furono disposte le unità del X Corpo d’Armata britannico del gen. Hawksworth; sulla direttrice della Via Emilia la 3ª e la 5ª divisioni di fanteria polacche (del II Corpo d’Armata polacco del gen. Anders). Infine nel settore di Ravenna furono disposte la 2ª divisione di fanteria neozelandese, la 78ª divisione di fanteria britannica, la 56ª divisione di fanteria britannica (unità del V Corpo d’Armata del gen. Keightley), insieme con i Gruppi di combattimento italiani “Legnano”, “Cremona”, “Friuli” e “Folgore” e alcune brigate britanniche, indiane, polacche e una composta da ebrei.

I brasiliani ricevettero il compito di prendere la cittadina di Montese e poi salire fino a Zocca.
I tedeschi e i repubblichini aveva disposte sul campo il Gruppo d’Armate Liguria, nel settore tirrenico, al comando del gen. Graziani (tra alcune unità tedesche troviamo le divisioni della R.S.I. “Monterosa”, “San Marco”, “Italia” e “Littorio”), al centro la 14ª Armata del gen. Lemelsen e a difesa del settore adriatico la 10ª Armata del gen. Herr.
Il 14 aprile alle ore 09.45 tutto il settore centrale della Linea Gotica si mosse in avanti dopo un intenso fuoco delle artiglierie e gli attacchi a volo radente degli aerei alleati. I primi reparti ad avanzare furono i reggimenti della 10ª divisione da montagna che occuparono in poche ore le posizioni di Castel d’Aiano. I secondi a partire dalle linee furono gli uomini della 1ª divisione corazzata che presero Susano e Vergato. Alle ore 10.15 si mossero gli uomini della 1ª divisione di fanteria brasiliana che, nelle prime ore di avanzata, incontrò una debole resistenza nemica. Ma prima di sera lungo il settore tutte le unità della FEB avevano preso contatto con il nemico subendo in alcuni casi dure perdite.
Solo durante la notte tra il 18 e il 19 aprile, i reparti della 114ª divisione tedesca, che difendeva il settore attaccato dalla FEB, ricevettero l’ordine di ritirata fino al fiume Panaro. Montese fu occupato lamentando 34 morti, 382 feriti e 10 dispersi, per un totale di 426 uomini fuori combattimento.
I tedeschi, dopo aver abbandonato le posizioni di Montese, si ritirarono nell’area di Zocca e, da quella nuova posizione, continuarono a bombardare le linee brasiliane. Tutto il settore centrale del fronte si fermò per una necessaria riorganizzazione ma già il 20 aprile tutte le unità del settore centrale della Linea Gotica erano nuovamente in movimento e le unità esploranti del cap. Plinio Pitalunga del Corpo di Spedizione Brasiliano ricevettero l’ordine di conquistare le posizioni a nord di Zocca.
Ormai il fronte era crollato, ma mentre le unità americano correvano verso la Pianura Padana i brasiliani si ritrovarono senza mezzi. A quel punto il comando brasiliano decise di costituire una unità celere per chiudere la valle del Panaro e bloccare la via delle unità nemiche in ritirata dalla Garfagnana.

Il gruppo celere costituito prese il nome dal suo comandante e divenne “Grupamento Coronel Nelson de Mello” e fu composto dal II/6° e dal II/1° fanteria, da una compagnia di obici del 6°, da quattro plotoni di carri armati americani del 894° battaglione e da unità di sanità, trasmissioni e genio.
Il 25 aprile il comando della 1ª divisione brasiliana fu trasferito da Vignola a Montecchio Emilia e tutte le unità del corpo affluirono in pianura. Dal 26 al 30 aprile brasiliani, tedeschi, repubblichini e naturalmente partigiani si misurarono in un duro scontro distinto in tre fasi: la prima, avvenuta tra il 26 ed il 27 aprile, è ricordata come combattimento di Collecchio; la seconda, svoltasi il 28 aprile, è nota come combattimento di Fornovo. La terza, avvenuta tra il 29 ed il 30 aprile, rappresenta l’apice della partecipazione brasiliana in Italia, ed è passata a memoria come la giornata della resa del nemico. Si consegnarono infatti nelle mani dei brasiliani 13.579 prigioni e tra questi alle 18.30 del 29, insieme alla truppa, giunse il gen. Carloni con tutto il suo Stato Maggiore, mentre alle 18.00 del 30 aprile arrivò infine, con gli ultimi uomini della sua divisione, anche il generale tedesco Fretter Pico.
Il 30 aprile la FEB ricevette l’ordine di occupare una zona nei pressi di Alessandria e lì attendere nuovi ordini.

Unità brasiliane sfilarono a Milano assieme ai partigiani lombardi, il Combat Command B della 1ª divisione blindata USA, il II/135 reggimento della 34ª divisione USA, la compagnia A del 1° battaglione di carri della 1ª divisione blindata USA, un plotone del reggimento speciale della Raggruppamento “Legnano”, una batteria d’artiglieria del 7° gruppo dell’artiglieria inglese, una sezione del 26° reggimento d’artiglieria contraerea inglese, due plotoni della compagnia A del 751° battaglione carri da combattimento USA.
Il 4 luglio 1945 la FEB ricevette l’ordine di spostarsi nei pressi di Napoli per iniziare le operazioni preliminari di imbarco per il rimpatrio. Il presidente Vargas temendo l’arrivo di un eroe di guerra e di 25.000 soldati ben armati e ben addestrati decise di “seppellire” la memoria e i febiani. Il gen. Mascarenhas de Moraes fu rimpatriato in aereo e una volta giunto a Rio de Janeiro fu accompagnato nella sua residenza privata dallo stesso Ministro della Guerra gen. Dutra. Pochi giorni dopo, il 23 luglio, il generale fu inviato in Perù per una missione diplomatica che lo tenne lontano dal paese. Nel frattempo le partenze dei soldati, come citato, iniziarono dal porto di Napoli il 6 luglio e si conclusero il 19 settembre. Ma poche ore prima del ritorno a casa i comandi brasiliani fecero stampare in fretta e furia dalla tipografia milanese A. Macchi & C., migliaia di congedi che furono rilasciati ai soldati durante il viaggio. Al loro arrivo il Ministro della Guerra ordinò che entro 8 giorni dallo sbarco le divise, i distintivi con il Cobra e lo stemma della 5ª Armata dovevano scomparire per sempre dal Brasile.

Dal febbraio 1945 la FEB aveva ricevuto anche l’appoggio del gruppo aereo brasiliano – F.A.B. (Força Aerea Brasileira) – dotato di caccia-bombardieri P-47 ceduti dagli Stati Uniti.
La decisione di inviare in Europa un gruppo d’aviazione brasiliano risale alla fine del 1943 e fu presa insieme a quella di impegnarsi con il Corpo di Spedizione terrestre. In linea generale fu deciso di costituire un gruppo da caccia-bombardieri e, al servizio dell’artiglieria divisionale, una squadriglia per il collegamento e l’osservazione.
In Brasile da alcuni anni il presidente Vargas stava lavorando per rendere efficiente l’aeronautica delle forze armate; il primo passo fu la creazione, il 20 gennaio 1941, del Ministero dell’Aviazione e, subito dopo, l’unificazione dell’Aviazione dell’Esercito con quella della Marina. A partire dal 1942 giunsero in Brasile alcune squadriglie aeree dell’USAAF, che operarono nelle basi di Natal e Recife con il compito di difesa aerea dei convogli alleati che attraversavano l’Atlantico. In quel periodo esperti piloti americani prepararono una squadriglia di aviatori brasiliani che si distinse in azioni di difesa marittima. L’azione più importante compiuta dai brasiliani durante i pattugliamenti sull’oceano fu l’affondamento di un U-Boot tedesco, avvenuto il 12 agosto 1943. Il cap. Santos Polycarpo, a bordo di un “A-28-A” e il cap. Coutinho Marques, ai comandi del PBY “Catalina” 14, intercettarono l’U-199, comandato dal cap. Hans Werner Kraus e, dopo averlo mitragliato, lo affondarono con tre siluri.
Il 18 dicembre 1943 fu istituito il 1° Gruppo da Caccia e a comandarlo fu chiamato il magg. Nero Moura. L’addestramento del primo gruppo di piloti iniziò il 3 gennaio 1944 negli Stati Uniti. Nel marzo, dopo una pratica individuale di 60 ore sui caccia “Curtiss P-40”, i primi piloti addestrati raggiunsero i 350 uomini mobilitati per la creazione del Gruppo nella base aerea di Agua Dulce, a Panama. Nel campo del paese centroamericano tutti i piloti iniziarono un duro addestramento, che fu poi completato nella base dell’USAAF a Suffolk, presso New York. Alla fine i brasiliani furono dotati dei citati caccia-bombardieri “Republic P-47 Thunderbolt” di fabbricazione statunitense.

Terminato l’addestramento il gruppo con aerei e materiali fu imbarcato il 19 settembre 1944 sul trasporto francese Colombie nel porto di New York. Il 9 ottobre la nave giunse a Livorno e il 1° Gruppo da Caccia brasiliano fu destinato al campo di aviazione di Tarquinia. In quei giorni la FAB fu inquadrata nel 350° reggimento aereo da combattimento (Fighter Regiment), della 62ª aerobrigata da caccia Usa. A sua volta la 62ª brigata faceva parte del XXII Comando Aereo Tattico di supporto alle azioni terrestri della 5ª armata. Il 4 dicembre, in relazioni agli sviluppi del conflitto, l’intero 350° reggimento fu spostato nella base di Pisa, a ridosso del fronte.
Durante i primi giorni di guerra, come era consuetudine nelle squadriglie americane, la FAB scelse il suo emblema e il motto da combattimento. Come stemma fu preferito un agguerrito struzzo che volando tra le nuvole sparava fucilate; mentre come motto i piloti optarono per il grido “Senta a Pua!” (Senti la Punta!).
La FAB dal comandante magg. gen. B.J. Chidlaw, del XXII Comando aereo tattico, ricevette l’ordine di seguire tre principali linee d’azione:
a) appoggio diretto alle forze terrestri, con la regolazione del fuoco dell’artiglieria;
b) isolamento del campo di battaglia, con l’interruzione sistematica delle vie di comunicazione che collegavano il fronte nemico con la valle del Po e il resto del territorio occupato fino al passo del Brennero;
c) distruzione degli impianti militari e industriali dell’Italia settentrionali265.

Purtroppo la FAB pagò un alto tributo di sangue. Durante l’inverno perirono in seguito di incidenti di volo 3 piloti. Il 23 dicembre il ten. Motta Paes, colpito dalla contraerea a nord di Ostiglia (Verona), dopo essersi lanciato con il paracadute fu catturato dai tedeschi. Il 2 gennaio, nei pressi di Alessandria, il ten. Medeiros lanciatosi dall’aereo in fiamme atterrò sui fili elettrici dell’alta tensione e morì fulminato. Il 4 febbraio il cap. Miranda e il ten. Danilo Moura saltarono dai loro aerei in fiamme dopo essere stati colpiti dalla contraerea; il cap. Miranda con un braccio spezzato fu nascosto da un gruppo di partigiani nei pressi di Padova. Mentre il ten. Moura aiutato da diversi gruppi partigiani, dopo 24 giorni e 260 km di cammino, raggiunse i compagni a Pisa. Anche il cap. Kopp, abbattuto a Parma, fu salvato dai partigiani della zona. Altri 4 piloti invece furono catturati dai tedeschi e inviati nei campi di prigionia; il ten. Paes finì nel campo di Stettino, in Prussia, e ivi liberato dai Sovietici dopo 4 mesi di prigionia. Dei 48 piloti brasiliani impiegati totalmente in combattimento, 6 erano ufficiali del Q.G. e ufficiali di collegamento statunitensi, 3 furono vittime di incidenti, 5 caddero durante operazioni belliche, 8 si lanciarono con il paracadute e finirono o in prigionia o nascosti dai partigiani, infine 5 piloti furono allontanati dal volo e rimpatriati per esaurimento fisico e psichico.

Dalle statistiche formulate nel dopoguerra risulta che furono accreditate ai piloti brasiliani il 28% dei ponti e il 15% dei veicoli tedeschi distrutti, nonché l’85% dei depositi munizioni e il 36% dei depositi combustibile colpiti. In 192 giorni operativi la FAB effettuò ben 2.995 sortite ed uscite offensive, durante le quali lanciò 4.442 bombe di vario genere che colpirono 4.454 obiettivi. Ovviamente dati propagandistici, gonfiati da qualche solerte burocrate, che comunque non nascondono il buon comportamento dei piloti.
Per completare il richiamo all’attività della Força aerea Brasileira sul fronte italiano, è necessario far cenno anche all’attività della squadriglia per il collegamento e l’osservazione. Tale unità lavorò al servizio dell’artiglieria divisionale e giunse in Italia nell’ottobre 1944 assieme al 3° scaglione della FEB. Il 10 ottobre con il mezzo da sbarco “LC-1- 116” i piloti e gli avieri della squadriglia furono trasportati a Livorno, e, in seguito, con alcuni camion a Pisa. Nell’aeroporto toscano il reparto di collegamento ricevette 9 aerei del tipo Piper Cub, con motore da 65 cavalli, equipaggiati solo con una radio e senza alcun tipo di armamento. Nello stesso periodo si aggregò alla squadriglia il magg. J.W. Buyers, ufficiale di collegamento USA, che svolse un magnifico lavoro di addestramento e preparazione dei piloti brasiliani. La Squadriglia di collegamento e osservazione effettuò 1.654 ore di volo, 682 missioni e più di 400 correzioni del tiro dell’artiglieria. Ogni pilota eseguì tra le 95 e le 70 missioni.
Da parte sua il personale terrestre della FAB (Força aerea Brasileira) fece rientro in Brasile via mare con il primo scaglione che partì da Napoli il 6 luglio. I piloti invece furono selezionati e 20 di essi furono scelti per essere inviati nella base statunitense di San Antonio in Texas, dove ricevettero 20 nuovi P-47 Republic “Thunderbolt”. Poi tutta la nuova squadriglia si spostò nella base aerea brasiliana di “Campo dos Afonsos” presso Rio de Janeiro, dove stabilì la sede operativa.

In conclusione, il bilancio delle operazioni oltre oceano della Forza di Spedizione brasiliana può essere riassunto in pochi dati statistici. Furono presenti in Italia 25.334 uomini, che giunsero nella penisola in 5 scaglioni. Inoltre giunsero in Italia 111 persone, tra le quali il gruppo di infermiere, per via aerea. 15.069 uomini presero parte ai combattimenti, con il seguente bilancio di perdite: 457 morti, dei quali 13 ufficiali e 444 uomini di truppa. Inoltre persero la vita 8 piloti del gruppo aereo della FAB (Força Aerea Brasileira). I feriti da arma da fuoco in azioni di guerra furono 1.577, mentre quelli feriti per incidenti in zona di guerra furono 487; infine gli infortunati lontani dalla linea del fronte furono 658. Il deposito personale, a fronte di 3.179 uomini messi fuori combattimento, fornì alle unità di prima linea 3.379 rimpiazzi.
Il giudizio complessivo dell’operato dei soldati brasiliani in Italia può essere tutto sommato considerato positivo. I sudamericani riuscirono a superare difficoltà che avrebbero costretto anche gli stessi americani a tragiche battute a vuoto e chiaro è il riferimento alla crisi che colpì la FEB dopo la sanguinosa sconfitta di Monte Castello avvenuta nel mese di dicembre.
Il Brasile pagò enormemente la sua scelta di partecipare al conflitto. Estromesso dalle trattative per i risarcimenti di guerra dovette pagare interamente il prestito di guerra che gli Stati Uniti avevano accordato a Vargas nel 1942. L’ultima rata dei 361 milioni di dollari giunti in Sudamerica fu pagata il 1° luglio 1954. Il totale dei danni, delle spese, dei prestiti da restituire e degli interessi da pagare sommava a 12 bilioni di cruzeiros (2 milioni di sterline o 2 milioni di marchi, del 1945), e tale perdita non fu mai più pareggiata.
Certamente l’amarezza per il torto subito dagli ex-alleati non alimentò tentativi di facili ritorsioni verso i vecchi nemici. Il governo di Rio de Janeiro, che aveva confiscato all’inizio della guerra tutti i beni dei paesi e dei cittadini tedeschi, italiani e giapponesi, superò ogni rancore e restituì tutti i beni sequestrati ai legittimi proprietari. Con questo gesto terminarono tutte le vicende aperte con l’inizio della seconda guerra mondiale ed il Brasile, che aveva vinto la guerra, finì per pagare un conto fin troppo elevato.